Quando il mio commercialista è abusivo?
di: Dott. Antonio Fortarezza
Dottore commercialista in Milano, direttore complianceantiriciclaggio.it, esperto in determinazioni quantitative nei procedimenti giudiziari e in architetture e gestione di sistemi di pianificazione e controllo nonché in valutazione d’aziende, marchi e quote societarie, docente e relatore nelle materie giuridiche ed economiche, AML Compliance Advisor.
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L’esercizio di attività contabili e tributarie rientra all’interno delle attività che l’ordinamento professionale ritiene tipiche e caratteristiche della professione di dottore commercialista ed esperto contabile, e nonostante le precise indicazioni fornite dalla Cassazione in materia di esercizio abusivo della professione di Commercialista, alcuni fuorilegge continuano a consumare tale delitto non colposo, seppur in un contesto che sta diventando sempre più complicato per la loro traballante “carriera”.
Si prenda nota, che quando si parla (o si scrive anche nelle cronache) di “Commercialista” si fa riferimento ad un soggetto (persona fisica) che ai sensi dell’art. 39 del D.Lgs. 139/2005 è iscritto nella Sezione A (Commercialisti) dell’Albo, con la completa indicazione del titolo professionale posseduto (sia sia esso Ragioniere Commercialista o Dottore commercialista non ha nessuna importanza).
Trattandosi di un Albo pubblico, chiunque con un semplice click, può verificare se un determinato soggetto, sia iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, oppure no, ed anche nelle notizie di cronaca, un conto è scrivere che un determinato soggetto svolge l’attività di “consulente” altra cosa è scrivere che sempre quel determinato soggetto è un “Commercialista” quando invece non è neanche iscritto all’Albo.
Sull’argomento, recentemente la Corte di Cassazione (Sezione penale, sentenza n. 7053 depositata il 28 febbraio 2022) ha stabilito che è addirittura lo Stato il titolare dell’interesse protetto ad evitare l’esercizio abusivo di determinate professioni, e viene comunque integrato il delitto anche nei casi in cui il cliente sia a conoscenza che il soggetto (fuorilegge) non sia iscritto in appositi albi.
Tra l’altro, sulla consapevolezza del cliente che il suo consulente sia un commercialista abusivo, è meglio ricordare che poi quando le cose non vanno bene o viene invocata tale circostanza, ad esempio quale esimente delle sanzioni amministrative o nei casi di risarcimenti assicurativi, il fatto che il cliente abbia affidato l’incarico a persona sprovvista di abilitazione professionale, evidenzia non solo culpa in eligendo, ma anche in vigilando, in considerazione dell’omissione di qualunque riscontro in ordine allo svolgimento delle attività da espletare.
In altri termini l’espressione “il cliente sapeva benissimo che io ero un commercialista abusivo” invocata dal consapevole fuorilegge, oggi, con la sentenza della Cassazione n. 7053 depositata il 28 febbraio 2022, non vale ad escludere la punibilità per il delitto di esercizio abusivo della professione di commercialista.
In parole semplici, nella sentenza sopra richiamata, la Cassazione ha stabilito che non vale a scongiurare il carcere e la confisca al fuorilegge che adduce a propria difesa la circostanza che il cliente era ben consapevole che non fosse iscritto nell’albo dei commercialisti, poiché i Giudici hanno stabilito che “la norma incriminatrice di cui all’art. 348 cod. pen., che punisce chi “abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato”, trova la propria ratio nella necessità di tutelare l’interesse generale, di pertinenza della pubblica amministrazione, a che determinate professioni, richiedenti particolari requisiti di probità e competenza tecnica, vengano esercitate soltanto da chi, avendo conseguito una speciale abilitazione amministrativa, risulti in possesso delle qualità morali e culturali richieste dalla legge“.
Ma allora, per fare il punto della situazione, alla domanda “quando il mio commercialista è abusivo” come si deve rispondere.
Quando il mio commercialista è abusivo?
La risposta a questa domanda è molto semplice anche per coloro che si nascondono dietro un dito.
Il commercialista è abusivo quando un soggetto non iscritto all’albo dei Dottori Commercialisti ed Esperti contabili svolge una o più delle seguenti attività retribuite:
- tenuta della contabilità, sia essa ordinaria, semplificata, etc;
- redazione e trasmissione delle dichiarazioni fiscali;
- predisposizione dei modelli per l’effettuazione dei pagamenti delle imposte;
- completa gestione dei dati contabili e fiscali;
- controllo e verificazione delle imposte patrimoniali ed economiche;
- assistenza fiscale e tributaria nei rapporti con l’Agenzia della Riscossione;
- assistenza fiscale e tributaria nei rapporti con l’Agenzia delle Entrate.
A stabilirlo, è stata la sentenza della Cassazione Sezione Penale n. n. 12282 depositata il 16 aprile 2020, che richiama sull’argomento altri precedenti giurisprudenziali, escludendo tra l’altro, quale causa di non punibilità del delitto di esercizio abusivo della professione di Commercialista, la circostanza che l’imputato fosse iscritto all’Ancot.
Sia chiaro inoltre, che il principio confermato dalla sentenza della Cassazione n. 12282 del 16/04/2020 riguarda, senza nessuna eccezione, anche tutti quei soggetti che svolgono in forma societaria le attività sopra richiamate.
Infatti, non tutti sanno, che l’unico modo con cui i Dottori Commercialisti possono svolgere la relativa professione in forma societaria è quella di utilizzare le regole della STP (società tra professionisti), regolate dall’art. 10 della legge 183/2011 e dalle norme di attuazione contenute nel D.M.Giustizia n. 34 del 8 febbraio 2013 (in G.U. n. 81 del 6.04.2013).
Ad esempio, l’amministratore di un Ced (Centro elaborazione dati contabili) al fine di non incorrere nel delitto di esercizio abusivo della professione dei soggetti iscritti all’Albo dei Commercialisti prevista all’art. 348 del codice penale, e quindi evitare il carcere fino a tre anni, dovrà fare molta attenzione a svolgere delle attività diverse da quelle richiamate nella sentenza della Corte di Cassazione n. 12282 depositata il 16 aprile 2020.
Riepilogando, un soggetto è un fuorilegge, nel caso specifico un commercialista abusivo, quando svolge una o più delle attività richiamate nella sentenza della Cassazione, poiché la stessa “si è posta nell’alveo di legittimità secondo il quale integra il reato di esercizio abusivo di una professione (art. 348 cod. pen.), il compimento senza titolo di atti che, pur non attribuiti singolarmente in via esclusiva a una determinata professione, siano univocamente individuati come di competenza specifica di essa, allorché lo stesso compimento venga realizzato con modalità tali, per continuatività, onerosità e organizzazione, da creare, in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato (Cassazione Sez. U, n. 11545 del 15/12/2011)“.
Ma è un abusivo anche chi tiene la contabilità ai clienti senza essere un commercialista?
Nella recentissima sentenza della Cassazione (Sezione penale, sentenza n. 7053 depositata il 28 febbraio 2022), è stato espresso un principio di grandissimo interesse che risolve anche l’affannoso e sterile tentativo di introdurre argomenti diversi da quelli che formano oggetto della tutela giuridica (di interesse generale) presidiata dalle disposizioni contenute all’art. 348 del Codice Penale.
Nel corso del procedimento giudiziario, l’imputato si difendeva introducendo l’argomento delle “esclusive” cercando ovviamente in tal modo di minimizzare la sua condotta penalmente rilevante già affermata nei due precedenti gradi di giudizio.
Infatti, l’imputato ha chiesto al Giudice di non condannarlo tra l’altro con due motivazioni; la prima poiché agiva dichiarandosi “consulente” e non Commercialista, la seconda evidenziando che l’attività contabile e fiscale svolta fosse “caratteristica ma non esclusiva del Commercialista”.
I Giudici della Cassazione hanno respinto tali motivazioni rigettando il ricorso e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali, richiamando i principi già espressi dalle Sezioni Unite della Cassazione (SU 11545/2012) che hanno stabilito che tali attività “caratteristiche ma non esclusive” “possono determinare la consumazione di un illecito penale quando siano svolte da soggetto non abilitato con modalità tali da creare le apparenze della attività professionale svolta da soggetto abilitato“.
E su questo ultimo importantissimo precetto, e cioè sul creare le apparenze di una attività svolta da un soggetto abilitato, occorre analizzare un ulteriore problema, peraltro largamente diffuso ma tristemente trascurato.
Ma il tuo commercialista ti fa pagare troppe tasse
L’espressione contenuta nei siti web “il tuo commercialista ti fa pagare troppe tasse” oltre a slogan simili, nell’ambito della SEO (Search Engine Optimization) dei motori di ricerca su internet, è una delle frasi più utilizzate per catturare traffico organico o a pagamento.
A ben vedere, questa espressione o simili nel genere, hanno lo scopo di attrarre i potenziali clienti sfruttando il termine Commercialista ed ingenerando attraverso questo meccanismo una apparente seppur comparativa attività professionale svolta da soggetti abilitati.
Si tratta in moltissimi casi di soggetti che esercitano abusivamente la professione di commercialista, in pratica ingannatori seriali che, il più delle volte, imboniscono ignari contribuenti convincendoli ad acquistare servizi che vengono erogati senza alcuna competenza o affidabilità, ma che dopo la sentenza della Cassazione del 28 febbraio 2022 dovranno per forza rivedere la loro policy di marketing e soprattutto ripulire il proprio sito web dalla parola “commercialista” e da tutte quelle espressioni che possano creare l’apparenza di una attività professionale svolta da soggetti abilitati.
Inoltre, non v’è dubbio che sulla base della sentenza della Cassazione del 28 febbraio 2022, anche l’attività investigativa e di polizia giudiziaria, sarà agevolata nell’azione di repressione del delitto previsto all’art. 348 del Codice Penale, in tutti i casi in cui l’abusivo abbia un sito web, poichè sarà sufficiente andare a prendere le pagine web ed inserirle nelle informative o nei processi verbali di constatazione a supporto dell’azione penale del Pubblico Ministero.
In altri termini, laddove il fuorilegge nella propria comunicazione via web oppure nelle keyword utilizzate per la SEO utilizzi il termine “commercialista” per attirare clienti o per scopi di pubblicità comparativa, tale comportamento alla luce di quanto sopra, oggi è giudicato con maggior rigore ai fini della condotta di esercizio abusivo della libera professione prevista all’art. 348 del Codice Penale che prevede il carcere fino a tre anni, una sanzione pecuniaria fino a 50.000 euro e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato.
Buonasera,
mi par di capire che “Abusivo” risulta da considerarsi chiunque eserciti l’attività prevista pure se nei documenti(Fattura ,Tabelle, informazioni tipo” Esperto Tributario Lapet ecc…),
-Pure se egli mai si è fatto considerare “Commercialista”
– Non mi convince, e così fosse avrei parecchi”soggetti” da segnalare,
rimango in attesa di un riscontro ( mail è ok) ,
45035 Castelmassa (RO) Via L. Da Vinci n. 6
Residente in Castelmassa (RO) Via G. Oberdan n. 54
Tel. – Fax. 0425 – 81255
e-mail: dr.bortignonpaolo@libero.it
Cod. Fisc. BRTPLA55R24C207H – P.Iva 00313900292
Dottor Paolo Bortignon
Iscritto all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Rovigo n 62/A.
Revisore legale n.iscr.7451
Caro Paolo, quelle sono le indicazioni delle sentenze citate.
Grazie per il commento
Incipit: si chiedono comportamenti corretti, ben vengano, ma, che siano di tutti e non solo di alcuni…
Dopo la sentenza della Corte di cassazione n. 4673/23, depositata il 21 novembre u.s., esultano i commercialisti, esulta il loro presidente che annuncia un programma di attività teso a monitorare tutte le diverse tipologie di esercizio abusivo e la loro consistenza sul territorio nazionale.
L’avessimo anche noi, Revisori Legali, un presidente come, Elbano De Nuccio, così attento a perseguire gli interessi della categoria ed evitare che altri esercitino la professione di commercialista senza averne titolo. Avremmo tutti i diritti che ci spettano riconosciuti e finiremmo di essere lo zerbino delle professioni contabili e di subire ingiustificate ed inqualificabili prevaricazioni.
Il revisore legale, come il commercialista, ha un autonomo e distinto percorso formativo (d.lgs. 39/2010 e s.m.i.). Il titolo di studio richiesto per diventare Revisore Legale è la laurea Triennale o Magistrale riconducibile agli insegnamenti dei dipartimenti di giurisprudenza, economia, scienze politiche, gestione aziendale, scienze statistiche, attuariali e finanziarie e così via. La durata del Tirocinio Professionale è di 36 mesi, doppia rispetto a quella prevista per le altre professioni contabili regolamentate.
Le materie oggetto dell’esame di abilitazione, fatto di prove scritte ed orali, sono: a) contabilità generale; b) contabilità analitica e di gestione; c) disciplina del bilancio d’esercizio e del bilancio consolidato; d) principi contabili nazionali e internazionali; e) analisi finanziaria; f) gestione del rischio e controllo interno; g) principi di revisione nazionali e internazionali; h) disciplina della revisione legale; i) deontologia professionale ed indipendenza; l) tecnica professionale della revisione; m) diritto civile e commerciale; n ) diritto societario; o ) diritto fallimentare; p) diritto tributario; r) informatica e sistemi operativi; s) economia politica, aziendale e finanziaria; t) principi fondamentali di gestione finanziaria; u) matematica e statistica.
Ha, infine, un proprio Codice dei principi di deontologia professionale ed è obbligato alla formazione professionale continua (art. 5 del d.lgs. 39/2010 e s.m.i.)
Diverse sono le sentenze che hanno decretato professione il revisore legale tra le tante si ricordano: la sentenza Corte costituzionale n. 437/2002; la sentenza Corte costituzionale n. 35/2004; la sentenza n. 06132/2017, Consiglio di Stato, pubblicata il 28/12/2017; la sentenza n. 1250/2021, Tribunale di Torino, pubblicata il 30/07/2021; la sentenza n. 392/2022, Corte d’Appello di Torino del 22-07-2022.
Il Revisore sia con la legge 80/2003 (art. 2, primo comma, lettera g), sia con il decreto-legge 146/2021 (comma 14 dell’art. 5) è già stato, giustamente, abilitato a rappresentare i propri assistiti innanzi alle commissioni tributarie e al rilascio del visto di conformità. Atti proditori successivi lo hanno poi privato delle suddette abilitazioni.
Si sottolinea che per effetto del combinato disposto degli artt. 10 e 17 del d.lgs. 39/2010, negli enti non di interesse pubblico, come definiti dall’art. 16, il revisore legale potrà svolgere tutte quelle attività (sempreché non compromettano l’indipendenza) di cui all’art. 5 del Regolamento UE 537/2014. Attività che sono poi sostanzialmente analoghe a quelle previste per la professione di commercialista.
Il revisore Legale è una figura professionale DISCRIMINATA. Le caste professionali contabili hanno fino ad oggi impedito con forza e con successo, grazie al loro potere nelle aule legislative, che venissero riconosciuti al revisore legale, iscritto nel registro dei revisori presso il MEF, legittimi diritti.
Chiunque difenda e faccia valere i propri diritti fa bene e per questo non potrà mai essere biasimato. Diversamente, ostacolare legittimi diritti altrui e soprattutto screditare altre figure professionali consorelle per meri fini corporativi, egoistici, attraverso una “mistificazione della realtà oggettiva” è una cosa che considero profondamente indegna.
Concludo semplicemente con il dire che, se da un lato alcuni gioiscono per una sentenza ritenuta giusta altri ancora piangono per il deprecabile comportamento di un legislatore che non pone fine ad una ingiusta discriminazione che non riconosce ai revisori legali gli stessi diritti previsti per le categorie contabili regolamentate racchiuse in un albo professionale. La legge è uguale per tutti, sia rispettata.
Angelo Maddaloni
(Revisore Legale)
Curriculum Formativo:
Laurea in Economia e Commercio Università Federico II di Napoli (vecchio ordinamento);
Tirocinio professionale per l’attività professionale di Revisore Contabile, ora Revisore Legale;
Esame di idoneità professionale presso Corte di Appello di Napoli per l’esercizio dell’attività professionale di revisore contabile, ora Revisore Legale. Iscritto nel registro dei Revisori Legali al n. 96910