Autovalutazione del rischio del singolo professionista e non dello studio associato: una risposta netta ad un dubbio quesito
di: Dott. Cesare Montagna
Responsabile coordinamento normativo Ateneos Centro Studi Antiriciclaggio. Esperto e consulente in normativa antiriciclaggio e presidi organizzativi per i professionisti. Componente della Commissione Antiriciclaggio ODCEC di Milano. Relatore ad oltre 200 seminari e convegni in materia di antiriciclaggio. Autore di articoli di approfondimento in materia di diritto penale dell’economia. Laurea in Politica ed Integrazione Europea presso l’Università degli Studi di Padova e laurea specialistica in Relazioni Internazionali presso Università Unicusano Roma.
In occasione del V Forum Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, organizzato il 25 gennaio, tra le diverse tematiche affrontate all’interno della conferenza ha ritagliato il proprio spazio anche la disciplina dell’antiriciclaggio per mezzo di alcune domande che sono state poste al Comando Generale della Guardia di Finanza, al fine di fare ulteriore chiarezza su alcuni dubbi specifici.
Tra i quesiti posti, ne spicca uno relativo all’autovalutazione del rischio e più nello specifico inerente a chi sia il soggetto a cui spetta materialmente l’esecuzione di quest’obbligo, ovvero se l’autovalutazione debba essere eseguita dal singolo professionista o possa, nei casi degli studi associati, essere elaborata su dimensione collegiale e condivisa.
Questo carattere di indeterminatezza legato all’obbligo lo si potrebbe in prima battuta attribuire al fatto che l’autovalutazione sia un adempimento relativamente recente poiché, pur essendo richiamato dal novellato D.Lgs. 231/07, dunque luglio 2017, per i commercialisti il vero e proprio carattere attuativo dell’obbligo è da farsi risalire a partire da gennaio 2020, ovvero con l’entrata in vigore delle Regole Tecniche del CNDCEC.
In realtà però il quesito è sicuramente alimentato da una certa apparente confusione desumibile dalla documentazione pubblicata sull’adempimento.
Se infatti il Decreto Antiriciclaggio stesso e le Regole Tecniche non lasciavano molto spazio ad un’interpretazione diversa da quella che diremmo semplicemente in linea con l’intera ratio della disciplina dell’antiriciclaggio, ovvero che ad essere soggetto agli obblighi di autovalutazione, così come in generale a tutti gli obblighi antiriciclaggio, sia il singolo professionista, a creare sotto questo profilo interpretativo un’allargamento, ci hanno pensato le Linee Guida del CNDCEC, il documento di commento alle Regole Tecniche pubblicato nel maggio 2019, quattro mesi dopo le Regole Tecniche medesime.
Difatti può risultare molto utile mettere a paragone i due documenti nel punto in cui vanno ad affrontare il medesimo tema, poiché mentre le Regole Tecniche evidenziano in modo netto la questione, limitandosi ad un’indicazione piuttosto chiara: “ L’autovalutazione del rischio è un adempimento proprio dei professionisti obbligati e non è delegabile”, le Linee Guida invece compiono un passo in avanti dove sostengono che: “L’autovalutazione del rischio è un adempimento proprio del soggetto obbligato e non è delegabile; negli studi associati l’autovalutazione può essere effettuata con riferimento allo studio, ferma restando per ciascun professionista associato la possibilità di predisporla individualmente.”
Al di là di un laconico e schietto approccio prudenziale che resta comunque sempre premiante in una disciplina dalle spiccate connotazioni di presidio qual è l’antiriciclaggio, quella successiva “porta” interpretativa lasciata aperta dalle Linee Guida è stata oggetto di alcune spirali interpretative molto contorte che poi nella realtà degli studi professionali sono state abbandonate.
Nel Centro Studi di Veda con la responsabilità di chi svolge l’importante opera di Think Thank, abbiamo ritenuto fin da subito chiara l’indicazione fornita all’interno delle Regole Tecniche del CNDCEC, ed in quella direzione abbiamo tracciato una linea netta che non poteva che vedere nell’interpretazione per la quale era il singolo professionista il soggetto richiamato in modo diretto all’obbligo l’unica strada realmente percorribile.
Peraltro già nel corso dell’anno 2020, il documento di autovalutazione del rischio doveva essere predisposto e la direzione da noi seguita anche in occasione dei numerosi convegni era soltanto quella delle Regole Tecniche del CNDCEC.
Dunque la risposta fornita dal Comando Generale della Guardia di Finanza che ha confermato questa visione dell’obbligo non ci coglie impreparati né tantomeno ci stupisce, atteso peraltro che abbia di per sé una sua logica fondamentale su cui avevamo fatto affidamento.
Difatti l’obbligo di autovalutazione del rischio pone il soggetto obbligato nella condizione di effettuare una sorta di processo di revisione su se stesso che metta in evidenza sia il grado di rischio inerente a cui è esposto, ovvero il rischio a cui si espone in funzione della propria clientela e delle prestazioni che offre, sia le eventuali vulnerabilità a cui è soggetto, quindi a quanto è performante sotto un profilo di esecuzione e svolgimento degli obblighi antiriciclaggio.
Partendo da dei presupposti del genere e prendendo al contempo in esame situazioni spesso composite ed eterogenee quali gli studi associati, risulta arduo pensare che si possa rappresentare con un grado di analisi unico delle realtà che sono ben più complesse e sono spesso composte da sensibilità ed attenzioni molto diversificate alla normativa antiriciclaggio.
Tracciare una linea mediana sulla quale far transitare tutti i professionisti rischiava ad esempio di penalizzare gli sforzi dell’associato più attento, attirato negativamente nel giudizio dalle mancanze del collega di studio magari meno propenso ad eseguire i compiti antiriciclaggio, e allo stesso tempo rischiava di non rappresentare in modo corretto le eventuali mancanze di quest’ultimo, facendo venir meno il motivo per cui è stato concepito l’obbligo.
Il tutto senza considerare che all’interno di uno studio associato non è detto che si possano condividere gli stessi gradi di rischio, lì dove, alla luce di scelte legittime, si possa decidere di gestire o meno clienti dal diverso rischio inerente e prestazioni diversificate.
Dunque per queste ragioni è sempre sembrata l’unica scelta valida quella di suggerire lo svolgimento dell’adempimento su base individuale e accogliamo la conferma di ciò da parte degli organi ispettivi come paradigma di una visione più generale nel corretto rispetto dello spirito della norma già richiamato nelle Regole Tecniche del CNDCEC.
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